sabato 29 novembre 2014

Tabella rapida abbinamenti

Vino
Cibo
Spumanti secchi
(Franciacorta Talento, Oltrepò pavese metodo classico, Trento DOC metodo classico )
Champagne brut o extra brut
       Aperitivi
       Frutti di mare saporiti crudi, crostacei lessati, pesci magri lessati, insalate di mare.
       Salmone affumicato
       A tutto pasto.
Bianchi secchi, freschi e fruttati
Bianchi leggeri e poco profumati
Gavi, Soave, Pinot, Verdicchio, Arneis, Riesling
       In alternativa allo spumante con frutti di mare crudi o lessati, piccoli crostacei lessati, Insalate di mare.
       Minestre di verdura o paste e risotti con sughi di verdure delicati e non aromatici e sughi leggeri a base di pesce e crostacei.
Bianchi profumati e aromatici, da affinamento
Sauvignon blanc, Sylvaner Alto Adige, Vernaccia di San Gimignano, Torgiano bianco, Traminer, Müller Thurgau, Chardonnay
       Salumi affettati
       Pasta e riso con sughi aromatici di verdura (es. pesto) o funghi o tartufi.
       Uova, Frittate
       Grossi crostacei
       Frutti di mare
       Pesci medio grassi al forno o in umido
       Formaggi caprini freschi
Bianchi affinati in barrique
Chardonnay, Viognier
       Patè, terrine e piatti freddi di cacciagione (aspic).
       Pesci magri o semigrassi arrosto o alla griglia (trota, rombo, pesce spada,..)
Rosati
Cerasuolo d'Abruzzo, Chiaretto del Garda, Lagrein rosato, Rosato del Salento
       Salumi affettati dal sapore delicato (culatello, prosciutto crudo, coppa)
       Paste gratinate o ripiene
       Tortellini in brodo di carne
       Pollame e carni bianche in preparazioni aromatiche
       Formaggi freschi
Rossi giovani e di buona freschezza
Barbera, Bardolino, Cabernet, Dolcetto, Grignolino, Valpolicella, Lambrusco, Chianti, Refosco
       Minestre e zuppe saporite (cipolla, legumi)
       Tortellini in brodo di carne
       Carni bianche e pollame in umidi aromatici
       Carni rosse alla griglia
       Pesci grassi
       Zuppe di pesce aromatiche
       Formaggi di media stagionatura
Rossi corposi e invecchiati
Barbaresco, Barolo, Valtellina superiore, Brunello di Montalcino, Vino nobile di Montepulciano, Amarone della Valpolicella, Torgiano Rosso, Sagrantino secco di Montefalco
       Carni rosse o cacciagione in umidi, stracotti o stufati
       Arrosti di selvaggina da pelo
       Formaggi stagionati
Vini spumanti dolci o aromatici
Asti Spumante, Moscato, Brachetto, Cartizze
       Dolci al cucchiaio
       Torte leggere, Crostate, Bavaresi
       Macedonie di frutta
       Panettone, Pandoro
Vini passiti o liquorosi
Malvasia siciliana, Passito di Pantelleria, Passito di Caluso, Sagrantino di Montefalco passito, Sauternes, Tokaj Aszù, Muffati, ecc.
Marsala, Porto.
       Dolci farciti al cioccolato
       Pasticceria secca
       Crostate
       Torrone, Marzapane
       Formaggi erborinati piccanti
Vini dolci e profumati
Ramandolo, Aleatico
       Torte alla crema o alla frutta fresca

mercoledì 26 novembre 2014

L'abbinamento del vino con il cibo

Accostare il giusto vino ai piatti serviti in tavola, coinvolge le nostre capacità, la nostra sensibilità, il nostro legame con il territorio. 
Nel regno del gusto, è vero, non esistono regole troppo fisse, ma alcuni riferimenti possiamo seguirli. L'importante è decifrare i componenti del sapore del cibo per capire cosa valorizzare e cosa compensare con l'aiuto del vino.


Dolce, amaro, salato, acido, piccante e sensazioni speziate si combinano in maniera diversa in ogni piatto. Una volta stabiliti i sapori dominanti si può procedere a scegliere un vino che li valorizzi o attenui, con componenti simili o opposte. Per raggiungere un buon risultato finale è fondamentale l'equilibrio, quindi un piatto delicato andrà abbinato ad un vino delicato, mentre un piatto dai sapori forti dovrà essere abbinato ad un vino "deciso". Mentre mangiamo lo stesso cibo, per effetto dell'assuefazione delle papille gustative, diminuisce l'apprezzamento per quel cibo; il vino gioca allora un ruolo molto importante: pulendo la bocca e combinandosi armonicamente con il cibo, ce ne fa apprezzare ogni boccone come se fosse il primo.

GLI ABBINAMENTI DI BASE
Il mondo del gusto è certamente vasto e complesso, anche grazie alla progressiva evoluzione di mescolanza di culture e piatti multietnici. Non è possibile quindi, nè corretto, definire regole troppo rigide.
Poichè le sostanze che compongono i cibi e quelle presenti nel vino, interagiscono con gli organi del gusto, è possibile esplorare e ricercare l'accordo ideale.
Lo scopo dell'abbinamento cibo-vino è proprio quello di raggiungere una perfetta armonia tra tutte le sensazioni percepite durante la degustazione.
Un criterio in generale sicuro è abbinare un vino ad un piatto per similitudine, o concordanza, in tutti i casi tranne in prevalenza di grassezza, dove si cercherà una contrapposizione di sensazioni. Nella contrapposizione si cercherà una pari intensità fra le sensazioni del vino, che dovranno avere un effetto opposto a quelle del cibo. Nel caso dell’abbinamento per concordanza, alla caratteristica presente nel cibo dovrà corrisponderne una identica nel vino.
Se un piatto ha allora una spiccata componente untuosa, grassa, si cerca di compensarla con un vino in grado di pulire bene la bocca.  Il grasso presente nell'alimento e l'untuosità data dal condimento aggiunto riducono la sensibilità delle papille gustative. Il vino dovrà avere un potere sgrassante, astringente, che possa ripulire il palato. Le componenti di un vino che assicurano questo effetto sono i tannini dei vini rossi, l'acidità,  l'effervescenza. Un classico accostamento regionale è infatti il lambrusco secco con il cotechino.
Ad un piatto con prevalenza acida va invece abbinato un vino bianco morbido, di buona acidità, per compensare l'aggressività del piatto. Comunque se il piatto fosse eccessivamente acido o sapido, allora sarebbe meglio evitare l'abbinamento con ogni vino, che risulterebbe sempre piatto.
Cibi dai sapori persistenti vanno accompagnati a vini con buona persistenza. Al grana o al parmigiano reggiano si dovrebbe quindi associare un grande vino rosso invecchiato.
A un cibo speziato/aromatico/piccante va abbinato un vino dall'aroma molto intenso, con componenti aromatiche, e di buona morbidezza.
Per una pietanza con un sugo concentrato da una lunga cottura, il vino adatto sarà affinato da un lungo invecchiamento. Ad esempio un brasato si dovrà accompagnare con un rosso ben invecchiato. Analoga alla lunga cottura è la stagionatura di formaggi e salumi, che richiederanno anche loro stesso tipo di vino. Lunga cottura e stagionatura conferiscono complessità e consistenza aromatica ad un cibo, così solo un vino invecchiato avrà l'adeguata complessità gustativa.
Con pasta, riso e paste sfoglie, l'abbinamento andrà associato al condimento, al ripieno o alla salsa.
Le verdure crude e la frutta fresca, in generale, non  amano l'abbinamento con il vino, risultando in un gusto metallico scarsamente gradevole.
Infine, per i dessert, la regola di abbinamento vincente sarà ancora quella della similitudine : un vino amabile è l'ideale accompagnamento. Abbinando un cibo dolce ad un vino secco, non si avrà una buona armonia tra i sapori.

domenica 23 novembre 2014

La Grotta degli Spumanti Pedrotti - Nomi (TN)



Nel piccolo centro medioevale di Nomi, nei pressi di Rovereto (TN), si trova un ambiente unico e molto suggestivo.......la Grotta degli Spumanti......di proprietà della famiglia Pedrotti. Questa Grotta, circa cento anni fa, fu ampliata dall'Impero Austroungarico durante il primo conflitto mondiale per ospitare gli alti comandi militari, mentre durante la seconda guerra mondiale venne utilizzata dalla popolazione locale come rifugio antiaereo. Qualche decennio dopo venne acquistata dalla famiglia Pedrotti e trasformata in un ambiente di grande suggestione, utilizzato per la maturazione e la degustazione dei loro spumanti Trentodoc. E' un locale ideale per le lavorazioni fondamentali, atte a creare un grande metodo classico: le temperature interne rimangono costanti tutto l'anno, attestandosi sui 13 gradi e l'ambiente è lontano da luce e rumore. In questo contesto si ottengono dei Trentodoc di grande finezza nella grana delle bollicine, unite ad un lento ed intenso perlage....prerogative essenziali di un grande prodotto.


I Pedrotti sono un marchio storico dell'enologia Trentina, dato che si dedicano alla produzione di vini dal 1901. Ma è dal 1978, quando Paolo ha acquistato la "grotta", che è iniziata la produzione di Metodo Classico. Nel 2008, con l'arrivo in azienda delle figlie di Paolo, Donatella e Chiara, si è voluto ridare uno spirito di giovane imprenditorialità ad uno storico marchio. 


Lo Chardonnay per il Trentodoc è il vitigno principe ed i Pedrotti vogliono valorizzare la sua eleganza in tutti i loro spumanti, lasciando al Pinot Nero solo piccole percentuali. Lo possiamo percepire negli assaggi, già dal prodotto d'ingresso, in cui si utilizza un 100% Chardonnay, per proseguire con il millesimato e le Riserve, con 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero. Viene proposta anche la versione Rose' che  prevede addirittura un 75% Chardonnay e 25% Pinot Nero (30 mesi di permanenza sui lieviti), perdendo un po' in struttura a favore di una grande piacevolezza di beva. La permanenza minima sui lieviti dei Trentodoc Pedrotti passa dai 20 mesi del loro prodotto d'ingresso, il Bouquet; si attesta a 40 mesi circa per il millesimato ed arriva a 5 anni con  la Riserva 111 e a 12 anni con la Riserva 12. Quindi tutti ben oltre le indicazioni del disciplinare Trentodoc, che impone minimo 15 mesi, mentre sale a minimo 36 mesi per le Riserve.


Oggi però vorrei focalizzare l'attenzione sulla Riserva 12.  Nasce da uve accuratamente selezionate ed il vino base non fa alcun passaggio in legno. Si ottiene un metodo classico di un bel giallo paglierino brillante, di grande luminosità. Il perlage risulta molto fine, è di buona persistenza ed accarezza il palato con estrema delicatezza. Al naso si presenta intenso nei profumi e di grande complessità aromatica, offrendo spunti minerali tipici del territorio, uniti a note di frutta esotica essiccata come mango, ananas e papaya. Si percepiscono anche miele e cioccolato bianco, uniti a una lieve nota burrosa, tipica del vitigno. Poi in successione frutta e fiori secchi. In bocca sprigiona grande freschezza, data da una vibrante acidità ed una pregevole sapidità, bilanciate da una buona morbidezza, un giusto tenore alcolico e una discreta struttura. Un metodo classico molto seducente ed elegante, dalla buona bevibilità, accompagnato da una lunga persistenza retrolfattiva, che conferma le piacevoli ed intriganti note percepite all'olfatto.


Riserva 12 anni promossa a pieni voti!!! Sicuramente un metodo classico di nicchia e di difficile reperibilità, vista la limitata quantità prodotta (circa 2000 bottiglie). Un motivo in più, però, per far visita ai Pedrotti, nello splendido scenario della Grotta, dove è possibile degustare la loro gamma di Trentodoc ed acquistare le bottiglie preferite.



sabato 15 novembre 2014

Valcalepio


‘Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino. Quasi quattro quinti dellesuperfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […] Anche nei dintorni immediati dellacittà, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.’
Janut, J., Bergamo 568-1098.

Il Valcalepio ha rappresentato sicuramente la rinascita dell'enologia in terra bergamasca.
Mentre negli anni dell'industrializzazione selvaggia, l'abbandono dei terreni collinari sembrava inarrestabile, verso la metà degli anni settanta si trovavano le forze per porre le prime basi per una nuova, grande, avventura del vino del Colleoni.
Il fulcro di questo progetto è stato rappresentato dalla Cantina Sociale Bergamasca che, in quegli anni, ha iniziato una nutrita serie di vinificazioni sperimentali con vitigni autoctoni e vitigni migliorativi, fino ad arrivare alla scelta di due tipologie per le quali richiedere la doc.

Data fondamentale per i viticoltori bergamaschi il 1976, anno in cui si ottenne il decreto che sanciva ufficialmente la denominazione di origine controllata Valcalepio nelle due tipologie: rosso e bianco.
Per quell'epoca la scelta era decisamente coraggiosa: il rosso univa due vitigni importanti, Merlot e Cabernet, mentre per il bianco veniva codificato l'impiego di Pinot bianco e Pinot grigio. La struttura agricola nella bergamasca era in decisa evoluzione: si passava dalla mezzadria alla conduzione diretta e tante piccole realtà produttive emergevano e si affermavano in un contesto del consumo del vino in rapida evoluzione.

VALCALEPIO ROSSO
Estratto da disciplinare:
la denominazione di origine controllata “Valcalepio” è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
“Valcalepio” rosso, Cabernet Sauvignon dal 25 al 60%, Merlot dal 40 al 75%
Il vino a D.O.C. “Valcalepio” rosso prima dell’immissione al consumo deve subire un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno 1 anno, di cui almeno tre mesi in botti di legno a decorrere dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve.
Il vino a D.O.C “Valcalepio” rosso, sottoposto ad un invecchiamento minimo di 3 anni, di cui almeno 1 in botti di rovere, a partire dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve, può portare in etichetta la menzione “riserva”.

Il produttore: CASTELLO DEGLI ANGELI
Il castello medioevale di S. Stefano degli Angeli, eretto sullo sperone collinare di Carobbio, domina la pianura.

Atti risalenti all'anno 1039 ne documentano l'esistenza prima come proprietà dei Grumelli e poi della famiglia ghibellina dei Lanzi. Dopo l’espansione di Venezia sul territorio bergamasco, Riccardo Lanzi nel 1472 donò il castello e l’annessa chiesa di Santa Maria all’ordine dei Carmelitani.
I monaci nel 1475 vi fondarono e ressero un convento, sino alla sua soppressione nel 1770.
Divenuto dimora di villeggiatura dei Sonzogni, il complesso fu oggetto di adattamenti trasformando la sagrestia in cappella privata, affrescata da Federico Ferrari e da Bernardo Brignoli e con la decorazione di un Salottino ad opera di Giovan Battista Salvatoni.
In seguito, il castello fu proprietà di diverse famiglie, fino al 1923, quando divenne proprietà della marchesa D’Arcais Valverde, attraverso una parentela con i Vimercati Sozzi. In epoca successiva il complesso fu della famiglia Zanchi.

Il recente restauro, a cura dell’attuale proprietario, ha recuperato e valorizzato le strutture medioevali, tutte in muratura di pietre squadrate, la cinta esterna, il portale archiacuto d’ingresso, il chiostro conventuale e i resti del mastio, la parte della fortificazione più antica.

I VINI



BARBARICCIA 2001
Ottenuto dall'assemblaggio di Cabernet Sauvignon per il 60% e Merlot per il restante 40%. L’uva, al giusto grado di maturazione e in seguito a molteplici campionamenti degli acini che assicurano il raggiungimento dell’equilibrio tra contenuto zuccherino e acidità del mosto, viene raccolta
manualmente e depositata in piccole cassette dalla capienza di 10 Kg. Trasportata in cantina viene subito riversata nella pigiadiraspatrice per la completa separazione degli  acini dal raspo e da eventuali foglie.
Il pigiato, riversato in vasche d’acciaio, è soggetto a fermentazione alcolica per 20 giorni. Durante la macerazione delle bucce nel mosto, ripetuti rimontagli e follature del cappello, garantiscono il rimescolio  della massa e quindi l’eccellente fermentazione. Nel torchio segue la separazione di mosto, bucce e raspi mediante pressione e il succo ottenuto viene  trasferito in piccole botti di legno, nuove e di primo passaggio, in cui invecchia per circa 20 mesi. Durante tale periodo viene travasato ogni sei mesi per separare l’eventuale fondo sedimentato. Trascorso il periodo dell’invecchiamento il vino viene riassemblato dalle botti in vasca d’acciaio e infine  imbottigliato.
Il vino ottenuto riposa in bottiglia per almeno 12 mesi prima di essere proposto al consumo.
Note di degustazione
Colore rosso rubino con riflessi granata. Nonostante i 13 anni in bottiglia, si è mostrato subito molto pulito al naso, carico di sentori speziati,  frutta rossa matura, note terziarie di tabacco, cuoio e cacao, con sfumature balsamiche e di erbe aromatiche. Tannini molto morbidi, discreta acidità, grande persistenza. Purtroppo la temperatura di servizio troppo alta ha accentuato la nota alcolica.

AMEDEO 2003
Ottenuto dall’assemblaggio di due vitigni, Merlot 55% Cabernet Sauvignon 45%. Analoga produzione del Barbariccia, ma riposa in bottiglia per almeno 8 mesi prima di essere proposto al consumo.
Note di degustazione
Colore rosso rubino, con riflessi granata. Molto intenso al naso, con note di frutta rossa matura, balsamiche, terziarie di mandorla e liquirizia. Giustamente tannico, di buona acidità, ottima persistenza.

domenica 9 novembre 2014

"le vigne sui ripidi pendii di Castel Juval" - Tenuta Unterortl

  
Castel Juval domina sui vigneti

Il proprietario Reinhold Messner e i gestori Gisela e Martin Aurich, hanno fondato l'azienda agricola nel 1992 a Castelbello, nei pressi di Merano in Alto Adige. Le viti si trovano su un ripido pendio del colle di Juval, a un'altitudine compresa tra i 600 e gli 850  m s.l.m. e per questo le potature sono quasi tutte svolte manualmente. Rocce e pietre sostengono e circondano i vigneti, offrendo solidità, calore e spazio vitale.
 I terreni dei vigneti esposti a sud-est, sono composti da rocce di Gneiss e godono di un particolare microclima che offre elevati sbalzi termici tra giorno e notte. Questo terroir unico favorisce l'eleganza e la ricchezza di minerali dei vini di Castel Juval. La vinificazione avviene principalmente in botti di acciaio inox, mentre le botti di legno vengono utilizzate in modo da non alterare il carattere del vino, ma solo per aiutare il suo sviluppo. Inoltre i vini maturano per 5/8 mesi sui propri lieviti, aumentando struttura e complessità aromatica. 
Tutti ciò si rispecchia nella qualità dei vini stessi, i quali sono dotati anche di una buon potenziale di invecchiamento.

vigneti sul colle di Juval

Oggi parleremo del Riesling Castel Juval 2010: se cerchiamo un vino che sia espressione del territorio, questa etichetta credo metta tutti d'accordo, inclusi i palati più esigenti.

   
Visivamente si presenta di un bellissimo colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati di grande luminosità; al naso apre con gli agrumi, cedro in primis, prosegue con note fruttate, come pesca e albicocca, per poi aprirsi su erbe aromatiche e miele. Non manca il timbro classico del Riesling, cioè gli idrocarburi che qui si percepiscono in maniera netta rispetto alle versioni meno datate. Naturalmente il minerale è una prerogativa di questo terroir ed è quindi sempre ben in evidenza all'olfatto.
    In bocca offre un buon corpo. freschezza da vendere, dovuta ad un'acidità ben sostenuta e grande sapidità, equilibrati dal giusto grado alcolico e buona morbidezza.
   La persistenza retrolfattiva è decisamente lunga ed anche per questo il vino risulta molto gradevole. Sono l'equilibrio di questo vino e la notevole freschezza ad invogliare decisamente l'assaggio. Assolutamente una grande etichetta ad un prezzo sostenibile.

Complimenti a Tenuta Unterortl .......e non dimentichiamoci poi che questa non è nemmeno l'etichetta di punta!!!

venerdì 7 novembre 2014

L'Arte nella Vigna - La Morra (Cn)


Cappella Madonna delle Grazie - La Morra (Cn)

Immaginate una giornata nelle Langhe ed immaginate, non per caso, vista la difficoltà di trovarla, di imbattervi in un'opera d'arte unica nel suo genere.....sto parlando della Cappella della Madonna delle Grazie nota anche come Cappella del Barolo. Situata sotto la collina di La Morra (Cn), precisamente in contrada Fontanazza, immersa nell'incantevole scenario delle vigne del Barolo, non vigne qualunque, ma due tra i maggiori Cru : "Brunate" e "Cerequio". La stradina di accesso non è delle più agevoli, però vale la pena vederla e godere, non solo della sua unicità, ma anche dell'incantevole vista su tutta la Langa e sulle sue incantevoli vigne.

vista sulle vigne di Langa
La Cappella fu costruita nel 1914 e mai consacrata, con lo scopo di radunare le persone che lavoravano nei vigneti circostanti, qualora fossero sopravvenuti temporali e forti grandinate. Nel 1976 la famiglia Ceretto, proprietaria di una nota cantina della zona, la acquistò insieme a 6 ettari del vigneto Brunate. Con il passare degli anni l'edificio, non più frequentato e trascurato, andò in rovina. Fu allora che l'incontro tra l'azienda e l'artista inglese David Tremlett, grande appassionato di vino giunto nelle Langhe nel 1997 per allestire una mostra d'arte al Castello di Barolo, ha fatto scattare la scintilla davanti ai resti abbandonati della chiesetta. All'artista è piaciuta subito l'idea di recuperarla, pensando anche al coinvolgimento dell'amico americano Sol LeWitt. I due artisti si sono divisi equamente i compiti : a Tremlett le decorazioni interne, mentre a LeWitt l'intervento all'esterno.

La Morra vista dalla Cappella del Barolo

 Sol LeWitt (1928 Hartford, Connecticut - 2007 New York)
Sol LeWitt è considerato uno degli artisti più autorevoli della sua generazione
"E' un luogo meraviglioso per meditare e per pensare, di cui mi sono impossessato per darne un'interpretazione."

David Tremlett
L'inglese David Tremlett vive a Hertfordshire, nelle vicinanze di Londra, con sua moglie e i 2 figli.
"Quando Ceretto mi chiese cosa doveva fare della cappella, la mia proposta fu di realizzare qualcosa per far venire la gente, per starci bene : un posto dove sedersi, bere un bicchiere di vino, leggere un libro, conversare...magari anche pregare."

Noi siamo stati veramente bene!!! Un luogo fuori dal tempo dove lasciare la fretta dietro le spalle....noi la vediamo cosi...

mercoledì 5 novembre 2014

San Sebastian - Donostia

Il paese basco ha una lunga tradizione vitivinicola, occupando oggi circa 12000 ettari di superficie vitata.

Qui la dominazione romana non è arrivata a contribuire allo sviluppo della vite e del vino: una notevole varietà di vitis vinifera silvestris ha dato origine ad una certa abbondanza di vitigni autoctoni, come il Txakoli che dà origine ad un vino bianco, frizzante, con sentori pronunciati di limone, poco alcolico e decisamente acido da bere come aperitivo o per accompagnare alcuni pintxos (piattini di tartine, spiedini, crocchette, con ingredienti vari, tipici di ogni bar o taverna, come gamberi, funghi, alici, merluzzo, crostacei, formaggio, ecc.). I pintxos sono assimilabili alle tapas, ma viene utilizzata una varietà maggiore di ingredienti.
L'abbinamento preferito, almeno per iniziare, è una caña, cioè un bicchiere di birra.


Girando di bar in bar, assaggiando i Pintxos, si trovano anche i vini spagnoli più noti, della Rioja, del Duero, della Catalunya, sia bianchi del Penedes sia rossi del Priorat. Poco diffuso, sembra, invece, il Cava, lo spumante metodo classico della Catalunya, tipicamente a base di Xarel-lo, Parellada e Macabeo, ma che quando si trova, di solito è a base Pinot nero...

Tramonto a Donostia (nome basco di San Sebastian)


sabato 1 novembre 2014

“un barbera piacentino che non teme il tempo”


L’area dei colli piacentini con le sue 4 valli, Tidone, Nure, Trebbia e Arda è una culla enologica italiana, come testimoniano i ritrovamenti di viti fossili risalenti al 2000 A.C.

Ben nota ai tempi dei romani e nei secoli successivi, viene anche citata da Sante Lancerio nel 500 e nel 900 da Cougnet.

La zona vitivinicola piacentina si esprime oggi in particolare con la DOC Colli Piacentini, che comprende oltre 3000 strutture di produzione, tra le quali spicca l’azienda vitivinicola Solenghi Gaetano e Nicola, una piccola cantina a conduzione familiare.

Troviamo le vigne di Solenghi sulle colline del versante ovest della Val Tidone, su terreni marno/argillosi, ben orientati per una giusta esposizione al sole. Il lavoro in cantina segue il rispetto della tradizione piacentina, alla quale viene però aggiunto uno stile unico, che porta a vini inimitabili: Solenghi è tra i pochi produttori piacentini in grado di offrire vini che reggono lustri.
Appartiene a questa categoria il vino Barbera “L’Attesa”, che abbiamo assaggiato in verticale dal 1997 al 2000.


Ecco le nostre impressioni:

BARBERA L’ATTESA 2008
Da un’annata calda, come molte post 2000, nasce questa barbera Igt Valtidone, dove la potenza è ben bilanciata da un tannino ben presente, ma già morbido e con l’acidità tipica che rispecchia il suo essere barbera.
Si presenta con un bel colore rosso rubino carico e si esprime con una grande potenza alcolica che però non prevale sulle note inizialmente esotiche di mango, per evolvere in una carica floreale di violetta, poi di frutti rossi, amarena e mirtillo, e di seguito in scorza d’arancia e tamarindo.
Non possiede ancora la complessità delle sorelle maggiori, ma esprime anche in bocca un bel fruttato che ben si amalgama con tannino e acidità.
Sufficientemente persistente in retrolfattiva, ancora giovane, ma già perfettamente bevibile, soprattutto se ben abbinato.

BARBERA L’ATTESA 2000
da annata abbastanza calda nasce questo sorprendente vino color rosso granato carico, con perfetta corrispondenza naso-beva.

Troviamo note balsamiche di erbe officinali, in paricolare timo e chiodi di garofano, fruttate di marasca, terziarie di cacao, cuoio e terra bagnata.
In bocca è pieno, avvolgente, con un’elegante rusticità e con un lunghissimo finale dove il tannino ancora ben presente, ma vellutato, va a spasso con un’acidità croccante che rende la beva assai piacevole.
Il finale è lungo e persistente.

Un assoluto outsider, uno dei due campioni della serata!!!!

BARBERA L’ATTESA 1999
l’altro campione della serata, insieme al 2000, questo vino nasce da un’annata fresca.

Color rosso granato carico, attacco al naso balsamico, poi amarena ed ancora terziari noce moscata, torrefazione , terra bagnata.
Successivamente ritorna ancora preponderante la frutta, matura, ma mai cotta.

Un vino dalla bocca elegantissima, con un tannino vellutato, una bellissima acidità agrumata, il più snello della serata per discreta facilità di beva, ma impressionante il lunghissimo finale.

Entusiasmante!!!!!

BARBERA L’ATTESA 1997
con una bella età sulle spalle, (15 anni dalla vendemmia), si presenta di colore rosso granato scarico, con lievi accenni aranciati sull’unghia.

Ha richiesto un pò più tempo per aprirsi, ma si è poi rivelato in modo prorompente.
Il naso più complesso della serata, quasi sontuoso, all’attacco con un bel goudron e smalto, note balsamiche di eucalipto, frutta matura marasca, liquirizia, caffè.
Evolve poi in profumi di caramella mou, caffè, cacao e cuoio.
In bocca è ben equilibrato, morbido ancora fresco, persistente.

Nel complesso gran bel vino, anche se valutando tutte le sue componenti naso-bocca, dobbiamo porlo un gradino sotto le due fantastiche annate 1999-2000.

Che altro dire dei vini di Gaetano e Nicola Solenghi: da giovani esprimono potenza olfattiva fruttata unita a una bellissima acidità, che rende la tipicità del vero barbera, e ad una buona struttura, in grado di contrastare il grado alcolico che le ultime vendemmie ci hanno regalato.

Quando invecchiano diventano nobili eleganti e complessi, delle autentiche chicche, mantenendo ottimi livelli di acidità, per sfidare il tempo senza temerlo.

La presenza, inoltre, di una nota distintiva di rustica tradizionalità contadina rende questi vini unici e inimitabili!!!

Enrico Fermi, Luca Bersani